Intervista a Clemente Ultimo, autore del libro “Alternativa per la Germania”

Blasco da Mompracem
10 min readFeb 24, 2025

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Dresda

Dopo le recenti elezioni tedesche dove l’AfD si è attestato a un incredibile 20% su scala nazionale sancendo ufficialmente l’elevazione di un nuovo muro ideologico esattamente dove si pensava si fosse abbattuto quello di cemento armato del 1989, ho il piacere di ripubblicare l’intervista che feci nel 2019 al giornalista Clemente Ultimo sul suo saggio “Alternativa per la Germania. 1989–2019 la destra tedesca dall’Npd al sovranismo” (Passaggio al Bosco edizioni) la cui lettura è ancora oggi più che mai consigliata per comprendere i fenomeni politici tedeschi senza cadere in facili isterismi propagati dai media. Buona lettura!

Non importa quanto la verità sia difficile, ma è la verità, e fa piazza pulita di dubbi o odio. (Patrick Leigh Fermor)

[Intervista d’archivio - 2019]

D.: Cosa intendono i tedeschi con l’espressione il passato che non passa?

R: “Il passato che non passa” è la memoria dell’esperienza nazionalsocialista. Una memoria che non è solo storica, bensì un elemento che condiziona - con sempre minore efficacia, in verità - tanto il dibattito pubblico, incluso quello storiografico, quanto quello più strettamente politico. Non solo una condanna, ovvia ed inevitabile, dell’esperienza del Terzo Reich, quanto di tutto ciò che possa essere anche lontanamente paragonabile a quella realtà. Patriottismo, senso di appartenenza alla comunità nazionale, la stessa riflessione sull’identità tedesca, sono stati visti con diffidenza, a volte banditi dal dibattito pubblico, perché su di essi grava il sospetto di richiamarsi, seppur indirettamente, al Nazionalsocialismo. Di qui, ad esempio, l’ipotesi di dare vita ad un “patriottismo della Costituzione”, sorta di alternativa ad un patriottismo basato su una identità nazionale profonda. Idea debole, che non è riuscita ad andare oltre una limitata cerchia di intellettuali e commentatori. Se il congelamento della riflessione su questi temi, o il tentativo di incanalarla entro determinati binari, ha funzionato fino a quando è durata la stagione dei blocchi contrapposti, adesso il tappo è saltato. La globalizzazione, il processo di integrazione europea, l’immigrazione massiccia: tutti questi fenomeni, in Germania come nel resto d’Europa, hanno portato ad una nuova riflessione sull’identità collettiva e sul senso di appartenenza, una riflessione che sempre più punta alla riscoperta di idee forza come le identità profonde, definite dalla lingua, dalla religione, da un comune patrimonio tradizionale e culturale, dall’appartenenza ad un comune gruppo etno-linguistico. La forza con cui queste idee si sono imposte nel dibattito generale ha fatto saltare la diga del politicamente corretto, con profonde ricadute anche in ambito politico. In Germania come in tutta Europa.

D.: Oggi l’AfD, partito nato appena sei anni fa, è a quasi al 15% in tutta la Germania e il primo partito tedesco in molti Länder dell’Ex-DDR . Secondo la sua analisi due sono stati i principali fattori di questa crescita: l’apertura delle frontiere della Merkel nel 2015, che ha portato più di un milione di immigrati nel paese, con gravi perdite per il sistema sociale tedesco ed un aumento dell’insicurezza, e il fallimento delle politiche di unificazione con l’ex-DDR che adesso, a distanza di trent’anni, stanno emergendo con sempre maggiore chiarezza. Che vuoto ha colmato l’AfD in questi sei anni?

R.: Ad Est AfD ha offerto un’alternativa credibile a quanti, delusi tanto dalla Cdu quanto dalla Spd, intendevano esprimere la propria protesta ed il proprio disagio per gli effetti - in larga parte imprevisti - dell’unificazione. Un processo che, a trent’anni dal suo compimento, mostra non solo luci, ma anche molte ombre. La riunificazione ha significato per le regioni orientali della Germania un terremoto sociale ed economico, fotografato dai dati che quantificano il divario con l’Ovest. Alta disoccupazione, emigrazione verso la ex Rft e conseguente invecchiamento della popolazione, perdita della sicurezza sociale: questo il prezzo pagato dai Länder della ex DDR. Non meraviglia, quindi, che proprio le regioni orientali siano state il miglior terreno di cultura per partiti e movimenti di protesta, segnatamente di destra. È nei Länder della ex DDR che colgono i loro migliori risultati partiti come l’Npd, o si registra la più forte concentrazione di gruppi e movimenti di estrema destra. Forze che, però, per il loro richiamo più o meno diretto all’esperienza del Terzo Reich non possono rappresentare una credibile alternativa politica, al massimo raccolgono un voto di protesta che, per sua natura, è incostante.

La copertina del libro “Alternativa per la Germania” (Passaggio al Bosco — 2019)

Alternativa per la Germania si propone non solo come forza “altra” rispetto a Cdu e Spd, ma anche distante da qualsiasi contiguità con il Nazionalsocialismo, oltretutto attenta alla difesa dello stato sociale: un mix che diventa immediatamente appetibile per l’elettorato dell’Est. Senza, ovviamente, dimenticare la strenua opposizione alla politica delle porte aperte voluta dalla cancelliera Merkel in materia di immigrazione. Benché meno forte che all’Ovest, l’immigrazione ad Est viene percepita come una minaccia diretta tanto sul fronte della concorrenza sul mercato del lavoro (in particolare per i lavoratori meno qualificati), quanto su quello dell’assistenza sociale. E veniamo al secondo aspetto: la crisi dei migranti del 2015 dopo l’iniziale mobilitazione in sostegno dell’accoglienza, ha mostrato numerose criticità — e qualche scandalo — offrendo una notevole possibilità di mobilitazione a quelle forza politiche che la criticavano. AfD — grazie anche alle mobilitazioni promosse da Pegida — ha avuto gioco facile nell’incarnare l’unica, dura, opposizione alle politiche della Merkel, incontrando un sostegno che, probabilmente, molti osservatori in Germania non ritenevano possibile. L’opposizione all’immigrazione di massa ha consentito, nel contempo, anche una nuova riflessione su cosa significhi essere tedeschi: il tema dell’identità è tornato ad essere centrale e, e per quel che si è accennato in precedenza, a farsi difensori ed interpreti di una appartenenza declinata in senso religioso, linguistico e culturale non potevano essere certo quelle forze politiche che per decenni hanno optato in favore di un’identità debole — il patriottismo costituzionale –, declinata in negativo. Anche ad Ovest, poi, i costi — in termini economici, ma non solo — della politica delle porte aperte della cancelliera hanno avuto un peso non irrilevante nell’orientare il consenso in favore di Alternativa per la Germania. Altro elemento da non sottovalutare è la capacità di penetrazione che il partito, libero da scomode eredità, ha avuto in settori di elettorato nazional-conservatore che per decenni non hanno avuto altra possibilità di scelta elettorale se non in favore della Cdu o della “gemella” bavarese Csu.

D.: Leggendo il suo libro si apprende che, a dispetto di quanto si possa pensare, l’AfD nasce nel 2013 come partito moderato e liberale in economia. Con gli anni le cose sono cambiate ed è andato ad accogliere le frange più estremiste della destra tedesca dell’Npd ma anche molto elettorato conservatore della CDU. Insomma un partito che, usando le sue parole, fa della trasversalità dell’elettorato la sua forza. Dove arriverà secondo lei?

R.: Il punto di arrivo dipenderà, a mio avviso, dalla capacità di AfD di far sintesi e raccogliere in un programma organico, sostenuto da una “visione” per il futuro della Germania, le tante sollecitazioni provenienti dal suo elettorato. Ovviamente questo dovrà comportare un’ulteriore marginalizzazione, o se si vuole normalizzazione, di alcuni ambienti più estremi che gravitano intorno al partito. Un ruolo centrale credo sarà giocato da Björn Höcke e dalla sua Flügel, la componente più dinamica e più strutturata presente all’interno di AfD.

D.: Cos’è la Neue Rechte e perché il suo ingresso graduale e dirompente negli anni ha messo i fondatori dell’AfD ad un angolo?

R.: La Neue Rechte tedesca si inserisce pienamente nel filone della Nuova Destra europea, un fenomeno nato sul finire degli negli anni ’60 del XX secolo in Francia e poi diffusosi in tutta Europa. Caratteristica di questa scuola di pensiero è quella di coniugare i temi classici della destra con tematiche nuove, come l’ambientalismo, il comunitarismo, il socialismo interclassista. Una visione che prende le distanze dal modello occidentale di provenienza statunitense, caratterizzato da una forte critica al liberismo. Una delle caratteristiche della Nuova Destra è la rilevante produzione culturale, capace di porre le basi per una solida proposta politica. Il fenomeno ha, ovviamente, interessato anche la Germania. Qui una delle caratteristiche più rilevanti è rappresentata dalla sostanziale presa di distanza dall’esperienza nazionalsocialista, in favore — tra le altre — di esperienze come quella della Rivoluzione Conservatrice. Questa dimensione culturale tradotta in proposta politica si è concretizzata in un impegno per la difesa dello stato sociale; per la tutela non solo delle fasce marginali, ma anche del ceto medio impoverito dagli effetti della globalizzazione dell’economia; in una nuova sensibilità ecologica che si inquadra in una più ampia difesa dell’identità. Difesa non solo dall’immigrazione di massa, ma anche dalla distruzione dell’ambiente — inteso anche come luogo che definisce la comunità che lo abita, materialmente e non solo in senso spirituale -, da uno stile di vita, quello statunitense, giudicato “altro” — in senso negativo — rispetto a quello tradizionale tedesco e, in senso più lato, europeo. La Flügel, che nella Nuova Destra ha le sue radici profonde, armata di questa solida impostazione culturale, è riuscita a tradurla in proposta politica e, soprattutto, in una “visione” forte da offrire a fasce sempre più ampie di cittadini tedeschi. Cittadini che vedono Cdu e Spd — entrambi ormai neo-centristi — abissalmente distanti dai loro reali problemi e che non si riconoscono in una “visione debole” come quella del “patriottismo della Costituzione”. La Flügel, dunque, è riuscita a farsi interprete di questa esigenza e a darle voce, cosa che i fondatori di AfD non erano in grado di fare. Espressione delle classi sociali più alte, liberali se non addirittura liberisti, conservatori in senso classico, i fondatori del partito non avevano risposte così forti e puntuali da offrire ad un elettorato sempre più popolare. Alla fine la nostalgia per il marco tedesco non è stata sufficiente, nuovi temi si sono imposti nel dibattito e in seno ad AfD si sono affermati nuovi protagonisti.

Una mappa del voto del febbraio 2025

D.: Uno dei capisaldi del programma dell’AfD è la difesa della famiglia tradizionale. Com’è possibile che una dei due leader del partito, Alice Weidel, sia omosessuale dichiarata e convivente con una donna con cui ha anche adottato due figli?

R.: Questo è uno dei paradossi di un partito in evoluzione. Tuttavia non è difficile trovare una spiegazione. AfD nasce anche sull’onda lunga della mobilitazione popolare di Pegida, movimento nato per denunciare — e contrastare — la presenza dell’Islam radicale in Germania. L’avanzata — vera o presunta — di un mondo mussulmano radicale in terra tedesca ha portato parte del mondo omosessuale a vedere nei partiti che si oppongono “all’islamizzazione” l’unico baluardo in grado di difendere le libertà ed i diritti di cui godono, quegli stessi diritti e libertà che la legge islamica nega. È lo stesso motivo per cui nei mesi scorsi è nato il gruppo “Ebrei in AfD”: un vero e proprio corto circuito per chi dipinge o considera il partito come neonazista. Anche in questo caso il timore per la presenza di un Islam radicalizzato — ostile ad Israele e, più in generale, alle comunità ebraiche — spiega il sostegno a chi questa presenza combatte e respinge, ovviamente sul piano strettamente politico.

D.: È notizia di pochi giorni fa che alle elezioni in Turingia, altra Regione dell’ex-DDR, c’è stata una vittoria della Linke, lo storico partito di estrema sinistra tedesco, con ben il 30%. Chiaro segno di voglia di anti-liberismo del popolo nei confronti delle élite?

R.: Una vittoria, quella della Linke (partito certamente di sinistra, ma non lo definirei “estremo”), che fa il paio con il 23,4% conquistato da AfD. Con una piccola forzatura possiamo dire che oltre il 50% degli elettori ha scelto di premiare forze altre rispetto a Cdu ed Spd, ovvero i partiti che guidano il governo federale grazie alla grande coalizione. Segno di anti-liberismo più inconscio che consapevole direi, di certo indice di una precisa richiesta di tutela dello stato sociale e di nuove politiche in tema di lavoro e, più in generale, di economia. Del resto il grande successo dell’economia tedesca — in una fase di pre-crisi in questo momento — è stato costruito su una devastante precarizzazione del lavoro, con evidenti ricadute sociali.

D.: Collegandoci alla domanda precedente, possiamo legare questi fenomeni politici tedeschi, sia a destra che a sinistra, con la tendenza degli ultimi anni a livello globale (Brexit, Trump, M5S in Italia, prima della marcia indietro liberale di qualche mese fa, Gilet Gialli a Parigi)? Cos’è, secondo lei, che davvero la gente comune non sopporta più della politica contemporanea?

R.: Senza dubbio, pur nella diversità dei singoli fenomeni è possibile cogliere una “sensibilità” comune. È di tutta evidenza che la crisi economica esplosa nel 2008 ha messo in luce le contraddizioni latenti all’interno del modello economico occidentale, accelerando fenomeni di precarizzazione ed impoverimento che, ormai, hanno travolto anche quella che era la classe media, la spina dorsale di sistemi sociali come quello italiano. Questo, unito al fenomeno dell’immigrazione incontrollata — anche questa legata a dinamiche economiche proprie del sistema liberista — ha provocato una risposta dal basso concretizzatasi nella rottura dei vecchi equilibri politici. Quanto sia profonda questa cesura lo dimostra l’incapacità dei partici socialdemocratici e popolari (in Germania come Italia o in Francia) di entrare nuovamente in sintonia non solo con la propria base elettorale, ma con la società “profonda”. L’incapacità di comprendere le necessità ed interpretare le esigenze di fasce sempre più ampie di popolazione dà vita ad un dialogo — si fa per dire — fra sordi: in realtà oggi buona parte della politica parla solo alle élite più integrate nelle dinamiche internazionali — le élite cosmopolite, prive di radicamento territoriale, le definirebbero i sovranisti -, inevitabile, quindi, che ampi settori sociali cerchino lontano dai partiti tradizionali i propri referenti. Partiti che, solitamente, si propongono come difensori dello stato sociale contro la deriva liberista, dell’identità contro lo snaturamento della comunità provocato dall’immigrazione senza controllo.

D.: Per chiudere, l’AfD è un partito estremista e violento?

R.: Come detto AfD è un partito che in alcuni suoi settori ha contatti con gruppi e movimenti oltranzisti. Una zona grigia che, però, sempre più i vertici del partito si sforzano di eliminare perché politicamente — ed elettoralmente — penalizzante. Singoli episodi di violenza — quasi sempre verbale — si sono verificati e sono stati prontamente sanzionati, in primis dalle autorità, poi dal partito. Finora su tutto si impone un dato: i controlli stringenti delle autorità tedesche non hanno portato all’applicazione di sanzioni verso AfD, né verso le sue articolazioni regionali e locali. E in Germania il setaccio utilizzato dall’Ufficio federale per la protezione della Costituzione ha maglia molte fitte.

Neustadt — Dresda

Novembre 2019

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Written by Blasco da Mompracem

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