Seun Kuti al FestiValle e il panafricanismo ad Agrigento

Blasco da Mompracem
14 min readOct 23, 2023

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Seun Kuti & Egypt 80 al FestiValle 2023 (foto di Gaspare Macaluso, fotografo ufficiale FV23)

È una fredda sera di febbraio, anche in Sicilia l’inverno esiste. Lo sappiamo bene noi gente di questo lembo di Mediterraneo, che passiamo questi mesi docili e grigi in attesa dell’estate infiammante d’emozioni. È in questo periodo che cominciano a essere annunciati gli ospiti del Festivalle, il festival internazionale di musica jazz che si svolge ogni estate all’interno della Valle dei Templi e che giunge — in questo 2023 — alla sua settima edizione. Arriva una notifica sul telefono, intravedo già una locandina e il nome del mittente: arriva da “FestiValle” e il titolo del messaggio è in inglese, c’è scritto a stampatello 1ST WAVE ANNOUNCEMENT FESTIVALLE 2023. Ci siamo, penso, vediamo i primi nomi di quest’anno: conosco Shai Maestro, i Tunng mi suonano nell’orbita, e non riecheggia nuovo Fred Wesley & The New JB’s. Ma è quell’ultimo nome che mi tiene ipnotizzato allo schermo e ho bisogno di rileggerlo diverse volte per esserne certo di non avere le allucinazioni: è Seun Kuti con gli Egypt 80. Proprio Seun Kuti, il figlio di Fela, uno dei riferimenti sacri della mia vita musicale, spirituale e politica. Non ci credo ancora ma è tutto vero: Seun Kuti suonerà con gli Egypt 80 ad Agrigento ad agosto, in una delle location più belle del mondo. Chiudo gli occhi, ripenso alla fonte, a tempi e contesti lontani, a quando ho incontrato Fela per la prima volta e come e perché ha influito così tanto sul mio cammino.

Milano - febbraio 2013

Sono in casa, ammazzo il tempo sul divano in una domenica qualunque e noiosa. Entra Andrea, coinquilino e giornalista musicale. Ha appena acquistato un cofanetto di cd. Ce ne saranno una ventina, hanno una cover cartonata e non troppo voluminosa con delle grafiche psichedeliche. È la discografia completa di Fela Kuti, mi dice, il fondatore dell’Afrobeat. Mette su il primo disco, non conoscevo questo artista ma subito sento il corpo ribollire, l’anima riaccendersi e la curiosità elevarsi. I ritmi sono subito estasianti, si propaga un piacere gaudente nell’atmosfera. Andrea mi mostra anche il libro Fela. Questa bastarda di una vita. Biografia autorizzata, di Carlos Moore (Arcana Edizioni — 2012). Me ne parla come un testo che apre le porte della percezione sull’Africa e sul mondo di un musicista che ha dato nuova linfa e speranza a un continente oppresso e violentato. Me lo presta, non accetto. Ne compro una copia, devo essere libero di strizzarlo e sottolinearlo ove mi pare. Ho fatto bene, perché se me l’avesse prestato non glielo avrei mai restituito. L’ho letto tante volte da allora ed è diventato un testo fondamentale per la mia conoscenza profonda dell’Africa e di come si può liberare il continente nero dal giogo, non solo politico ma soprattutto mentale e spirituale, del modello imperialista-occidentale.

La copertina del libro “Fela. Questa bastarda di una vita.” (ed. Arcana - 2012)

Agrigento - agosto 2023

Fela Kuti muore a Lagos, capitale della sua Nigeria, nell’agosto del 1997. Al suo funerale quasi un milione di persone gli rendono omaggio per le vie della città. Muoiono gli uomini si sa ma non le idee, a patto che qualcuno ne prenda il testimone per portarne avanti il messaggio e divulgarlo alle nuove generazioni. Seun è uno dei sei figli di Fela (non tantissimi considerando che aveva ventisette mogli) e all’età della morte del padre aveva quattordici anni. È cresciuto insieme a lui, nella sua Comune di Lagos in un ambiente inebriato di musica, condivisione e animismo negroide. Quando muore suo padre sente che non può terminare lì la lotta, sente che deve proseguire il percorso iniziato da Fela che ha pagato a caro prezzo la libertà di esprimere le sue idee. È il messaggero, è il prosecutore, e adesso è ad Agrigento, nella mia città, nella mia patria, che dista poche centinaia di miglia dalle coste della sua Africa. Concordo con la direzione del Festival per intervistarlo. Alla fine del sound-check è l’unica richiesta dell’artista. Accetto e arrivo in un rovente meriggio d’agosto sotto il sole battente degli Dei greci. Sul cammino che m’avvicina alla venue s’odono note di sax: lo vedo, è lì. Suona il suo strumento divincolandosi tra gli alberi, il resto della sua band è in pausa: qualcuno mangia, qualcuno riposa, uno rolla. Seun no, sembra non riuscirsi a staccare dal suo sax. Non so come avvicinarmi, non vorrei mai interrompere il flusso d’un artista, soprattutto un Kuti che incute la soggezione della vicinanza agli Dei. Trovo coraggio, mi presento in un momento d’allegria. Dico d’esser lì per l’intervista, mi fa segno che non ha voglia: later mi dice, after the show! Ma gli porto un dono, è la locandina dell’evento che abbiamo organizzato l’anno passato in omaggio a suo padre Fela. Personalizzata con i loghi del FestiValle e con le bandierine della Nigeria e della Sicilia che si incrociano. Sorride, gradisce, mi indica le Three legs della Trinacria, gli spiego che indicano i tre mari che bagnano la nostra isola. Mi ringrazia, la sua bocca è di nuovo sul sax. Vado via, non sono molto fiducioso di riuscirlo a intervistare anche dopo il concerto. Non so perché, qualche presagio mi fa pensare così. Mi giro, è di nuovo a petto nudo a errare per la venue col suo strumento che sembra un arto in protesi al suo corpo. Note d’Africa si divulgano nella Valle, mentre un refolo d’erba affievolisce la vista di nubi nascenti.

La locandina donata a Seun Kuti sull’evento di Fela del 2022. (Grafica a cura dell’artista Gaetano Vella)

Fela e l’Africa

Fela Kuti è un simbolo dell’Africa più profonda che vuole divincolarsi dalla narrativa umanitarista diffusasi in Occidente, per ridare voce alla sua anima intensa che prova a riguadagnarsi la sua unicità spirituale. “L’Africa deve aprire le porte a qualsiasi Nero del mondo”, sono queste le parole di Fela che diventano un principio fondante del movimento panafricanista di cui Kuti è uno dei massimi rappresentanti. Inviso ai dittatori-fantocci che l’Occidente ha imposto in Nigeria dopo la presunta decolonizzazione, si forma musicalmente in Ghana prima e in Inghilterra dopo, ma è il lungo viaggio che affronta negli Sati Uniti alla fine degli anni Sessanta che gli dà contezza del suo destino. Lì entra in contatto con le Black Panthers e rimane illuminato dai discorsi di Malcom X. È l’inizio della parabola ascendente che dà vita al mito, al riferimento, all’icona. La vita e gli insegnamenti di Fela Kuti sono da inserire nel ristretto olimpo dei grandi uomini d’Africa che hanno alzato la testa e provato a ridare una dignità a un intero continente: Thomas Sankara in Burkina Fasu, Amìlcar Cabral in Guinea-Bissau e Capo Verde, Mu’ammar Gheddafi in Libia. Tutti uomini dal carisma eccezionale che non si sono mai piegati al volere totalizzante della società liberale occidentale che si autoproclama l’unica “giusta” al mondo. Tutti loro hanno avuto una morte cruenta organizzata dai detrattori e da chi non ha potuto far altro che toglierli di mezzo - in una maniera o nell’altra - al fine di portare avanti un’unica visione della vita: quella liberal-consumistica annientatrice delle Tradizioni e di ogni forma di spiritualità.

The Show - Agrigento , 4 agosto 2023 (preparazione)

Ore 19.00: Dopo che Seun m’ha rinviato l’intervista ci sono rimasto male, ero così carico ed emozionato. Non pensavo ad altro da giorni, mi ero riascoltato tutta la sua discografia, ho ripreso dal libro di Moore le parti sottolineate, m’ero tradotto cinque domande in inglese sperando di potergliene fare almeno due, una musicale e una politica. Nulla, tutto rinviato, ma un rinviato che suonava di fastidio. Non mi resta che concentrarmi sul concerto. Apro l’armadio, cerco un outfit appropriato, bisogna esser pur degni del paradiso in qualche modo: trovo una camicia a fantasia di scacchi trapezoidali in bianco e nero. Molto afrobeat — penso — mentre ricordo di averla comprata proprio l’anno prima quando facemmo una conferenza su Fela Kuti nel quartiere Cannameli di Agrigento, la zona più difficile e degradata del nostro centro storico dove vivono quasi esclusivamente africani. Fu un bellissimo evento, un ricordo magnifico che porterò sempre dentro di me. Un omaggio reso a uno dei più grandi uomini d’ogni tempo, e un messaggio da divulgare senza sosta, ai vecchi, ai giovani e a chiunque abbia la predisposizione all’ascolto delle idee di un visionario che, oggi, inorridirebbe se vedesse con che banalità e supponenza trattiamo il dramma degli sbarchi. Lui mai avrebbe invitato e supportato questi viaggi di disperati, mai avrebbe tollerato le parole di una sinistra speculatrice sulla pelle degli innocenti che vuol pure passare per movimento crocerossino ma che in realtà ha come obiettivo solo quello di sfruttare maggiormente la forza lavoro e disintegrare le conquiste sociali del Novecento.

Era l’ottobre del 2022, il Vicolo Cannameli era gremito, il ricordo di Fela aleggiava virtuoso in quella serata così mediterranea. Con me c’era l’amico Antonio, eccelso giornalista musicale, a tenere banco: lui approfondiva il Fela musicista, io quello politico e animista. I ragazzi dell’Associazione Sbem organizzarono il tutto e io promisi che, se un giorno dovessi mai diventare un politico locale, farò di tutto affinché sia dedicata una via, una piazza, un cortile o un vicolo del nostro centro storico al Re Nero Fela Anikulapu Kuti.

Un momento dell’evento-omaggio a Fela Kuti. Vicolo Cannameli, Agrigento, ottobre 2022

La camicia mi va un po’ stretta ed ha anche le maniche lunghe. Per quanto le possa arrotolare sento che dovrò soffrire ma ho anche un presagio che devo per forza indossarla, è un segnale letto negli astri di questa giornata d’agosto che sembra incupirsi nonostante l’aria soffocante. Esco, un moto d’incantesimo mi sfiora il viso mentre all’orizzonte si diffonde una massiccia lupa di mare e una goccia d’acqua piovana si poggia sul mio braccio giusto sotto il risvolto della manica arrotolata.

La Repubblica di Kalakuta - Lagos, Nigeria

È il 1970 quando Fela Kuti, tornato dal viaggio lungimirante negli States, rimette piede a Lagos e fonda la Repubblica di Kalakuta. Un luogo paragonabile a ciò che noi chiameremmo Comune (nel senso parigino e non amministrativo) o, molto più volgarmente, centro sociale. Diventa non solo la sua casa e il suo studio di registrazione ma un luogo teso alla sacralità per tutta la comunità di musicisti e uomini liberi della capitale nigeriana. È in questo posto, che sembra avvolto da un’aura di magia e misticismo, che iniziano i problemi di Kuti che mai ha nascosto la sua avversione per il sistema militare corrotto e criminale del suo paese. La goccia che fa traboccare il vaso è la registrazione del disco Zombie, titolo eloquente riferito ai soldati che obbediscono ciecamente agli ordini del governo. Cominciano i raid dell’esercito alla Repubblica di Kalakuta: diverse volte gli danno fuoco e arrestano chiunque si trovi a tiro, in primis Fela, con accuse sommarie e reati minori come il possesso di marjuana. In uno di questi assalti i militari lanciano dal balcone del secondo piano la madre di Fela Kuti, che morrà in ospedale dopo otto settimane di agonia. Fu un momento cruciale nella vita del Black President che marcò, ancora più nel profondo, la consapevolezza del suo ruolo da protagonista assoluto nella lotta dell’emancipazione africana dalla violenza e dalla sottomissione a governi più spietati di quanto lo siano stati quelli coloniali. Dal 2012 la Repubblica di Kalakuta è diventata un museo e contiene cimeli e oggetti vari dell’epoca in cui è stata il centro di riferimento dell’arte e della libertà nigeriana. Brilla in alto la stella di Fela Kuti, nel buio della notte oscura ci illumina di luce superba.

The Show - Agrigento , 4 agosto 2023 (il live)

FestiValle è più di un festival: è un movimento identitario, è un evento che attendiamo tutto l’anno e che al termine ci proietta al venturo con più vitalità di quando sia iniziato. Grazie a Festivalle in questi anni ho potuto scoprire artisti magnifici, internazionali e non, e ho potuto vedere la mia città riempirsi di una quantità di gente che mai avrei immaginato. Giovani e meno giovani si muovono da tutta l’isola e dal continente per giungere qui, in questo lembo di Mediterraneo divino che ammalia e amalgama energie, religioni e culture. E poi l’ambiente è bello, colorito, gioviale, allegro. Una festa più che un Festival, un raduno spirituale oltre ai concerti. E stasera c’è Seun, il figlio di Fela. E vibro d’adrenalina nella sua attesa. È il secondo in scaletta, prima c’è una band australiana che si chiama “Brekky boy”, non ho idea di chi siano ma conoscendo la linea musicale del FestiValle so che ogni novità è una rivelazione. È sempre stato così e ne ho conferma anche adesso: questi canguri sono bravi e ammalianti, è la band perfetta ad aprire una line-up di questo livello. Man mano che vanno avanti con i loro pezzi sale l’emozione perché sento avvicinarsi il momento.

Gli australiani “Brekky boy” sul palco del FestiValle (foto di Fabiana Amato, fotografa ufficiale FV23)
FestiValle 4 agosto 2023 (foto di Fabiana Amato, fotografa ufficiale FV23)

A un tratto vedo una sagoma in lontananza ondeggiare: è Seun. Esce dal backstage con un fotografo che lo immortala in diverse pose. Si poggia su una roccia ai piedi di Giunone, ha il suo sax inseparabile sempre in mano. Ma soprattutto noto il suo outfit: un pantalone con una camicia aperta fino all’ombelico, tutto zebrato! L’ho beccato, penso, sono riuscito a indovinare lo stile che avrebbe indossato. La mia camicia dalle sembianze kutiane mi fa sudare ma mi inorgoglisce. Giro un po’ lo sguardo e vedo se qualcuno ha avuto la mia stessa idea. A una prima occhiata sembro l’unico che si sia avvicinato così tanto allo stile della divinità. I Kuti li conosco, almeno a qualcosa è servito studiarli a fondo. È il momento, stanno salendo sul palco.

Seun Kuti, Sax&Zebra (foto di Danilo Sguali, fotografo ufficiale FV23)
Seun Kuti (foto di Danilo Sguali, fotografo ufficiale FV23)

Non è semplice essere il figlio di qualcuno importante, che sia un Ministro, un grande attore o un famoso calciatore. Il complesso d’essere sempre considerato il figlio di è, spesso, una flagellazione che l’interessato vive come una condanna più che come vanto. Il rischio c’è, i casi sono innumerevoli. Mi viene in mente Edoardo Agnelli, il figlio dell’Avvocato, morto in circostanze quantomeno sospette nel 2000 dopo aver dedicato una vita agli studi di filosofie orientali e, in particolare, all’Islam. O come mi colpì tempo fa la storia del figlio dell’ex Premier israeliano Olmert, che disertò l’esercito per aderire a una comunità pacifista. Non sempre essere figli di qualcuno è semplice, può capitare anche che si viva sugli agi di meriti non propri, ma arriverà sempre il giorno in cui la propria coscienza si rivelerà allo specchio. Non è il caso di Seun Kuti, e il palco e la musica e la trascendenza che diffonde a ogni istante lo dimostrano.

Seun Kuti sul palco di FestiValle (foto di Fabiana Amato, fotografa ufficiale FV23)

Da subito è padrone del messaggio paterno. Si nota, si sente, s’afferra. Dalle prime movenze che lo accompagnano al centro del palco, alla riconoscenza con cui gli Egypt 80 - la storica band del padre che ha continuato a suonare con lui - lo riconosce, la sua energia si impone egemonica in un pubblico che ancora non è forse pienamente cosciente della divinità che si trova di fronte: un leader d’orchestra nera in forgia antimilitaristica, che non manca d’attaccare i sistemi e i simboli che mantengono incatenata l’Africa a imposizioni estranee al suo essere. La sua musica è subito nitroglicerina, pervade un suono misto a rabbia negroide e richiami ancestrali. Tra un pezzo e l’altro manda i suoi messaggi: contro l’ideologia della grandiosità dell’impero romano, contro il consumismo che diventa nuova religione globale, contro la distruzione del Sacro in nome della mercificazione del quotidiano. Ha carisma Seun, grida ma non strida, la sua furia musicale è accompagnata da note armoniose che esaltano la sua patria, intesa come spirito e non come territorio. Nel mentre il cielo ulula e minaccia, è palesemente scosso dai discorsi che proclama questo Dio Nero. La lupa di mare è ormai sopra di noi, aleggia minacciosa mentre il pubblico comincia a fermentare. Questo cielo non sembra apprezzare, non vuole accettare. L’Africa è là, verso sud, non lontana. Seun è qui, ci avvicina al suo continente che è anche il nostro. Fonde i nostri destini mentre reincarna l’assoluto. Comincia a piovere, il palco non è coperto, la strumentazione è tutta esposta. Lui continua a cantare, l’acqua sembra esaltarlo più spaventarlo. Ma il rischio che qualcuno si faccia male con strane reazioni acqua-elettricità è troppo alto. S’interrompe il live, si coprono gli strumenti. Seun è infuriato, lo placano. I suoi discorsi hanno generato qualche strana reazione naturalistica, cose non comprensibili utilizzando i soli lumi limitanti della ragione: bisogna entrare nel trascendente, slegarsi dalle imposizioni dei dogmi; bisogna sentire per capire, dimostrare non è funzionale; bisogna intuire carpendo, non trovare soluzioni.

Seun Kuti & The Egypt 80 sul palco di FestiValle 2023 (foto di Fabiana Amato, fotografa ufficiale FV23)
Le danzatrici di Seun Kuti sul palco di FestiValle 2023 (foto di Gaspare Macaluso, fotografo ufficiale FV23)

Il concerto è sospeso, pioviggina ma ancora c’è margine di speranza. In lontananza si vede lo staff provare a calmare Seun: è per la sicurezza sua e della band gli spiegano, non era mai successo — in sette edizioni di Festivalle — che piovesse ad agosto, non si può coprire il palco altrimenti il tetto oscurerebbe la maestosità del Tempio di Giunone, che dà alla location sembianze d’olimpo mentre funge da faro e bussola per le notti del Festivalle.

Smette, sembra che tutto possa tornare a compiersi. O quantomeno viene data una tregua. Seun ha già suonato per una buona mezz’ora. Fiduciosi sappiamo che può finire il suo show e poi — chissà- potrò riuscire a intervistarlo. Ritorna sul palco. Il pubblico si esalta, è di nuovo carico dopo il timore di vedersi piegati alle volontà di agenti atmosferici che non rispettano contratti né aspettative. Seun, cuore d’Africa, reincarnazione di sublimità negroidi-universali. La sua energia fa infuriare ancor di più il cielo. Si toglie la camicia, degli impercettibili tatuaggi si camuffano nel nero della sua pelle. L’energia adesso è alchemica mentre il surreale s’eleva a forma. C’è gente in trance che sembra essere stata avvolta da visioni mistiche come i dervisci del deserto. Si danza mossi da note che spostano i corpi senza bisogno di toccarli. Tra il pubblico si incrociano sguardi che sono sensazioni infinitesimali, di quelle che sai che devi vivere intensamente perché poi finiscono. Un magma di energia africana si impone sul tutto, Seun è ormai entrato nello stadio dell’irreale, emana una forza che contagia e ipnotizza, nessuno riesce a staccarsi dalla sua visione. Tornano gli ululati mentre Seun raggiunge l’apice della tensione. Riprende a piovere, questa volta la densità sembra più intensa. Ma Seun ha terminato, il suo show s’espresso, la sua anima panafricana ha portato il messaggio che doveva anche sulle nostre coste: l’Africa siamo noi, l’Africa è tutto ciò che forgia la danza e la rivolta, l’Africa è un Dio Nero che con le sue note fa tremare tutto, uomini e dei, anime e carni, terra e cielo. Quello stesso cielo che adesso infuria mentre il diluvio si scatena. Il pubblico fugge mentre Seun rivolge un ultimo sguardo verso l’alto prima di lasciare il palco: sembra sfidarlo, sembra accoglierlo.

Seun Kuti a petto nudo sul palco di FestiValle 2023 (foto di Gaspare Macaluso, fotografo ufficiale FV23)

EPILOGO

Nel giro di pochi minuti non c’è praticamente più nessuno. L’acqua si è rivoltata con una virulenza di rado vista a queste latitudini (e in questa stagione). Attendo, stoico e illuso, appartato in un angolo coperto mentre provo a darmi un’ultima fiammella di speranza. Persevera la pioggia, s’ode solo il suo fruscio feroce battere sulla terra mentre le fronde degli alberi infuriano emanando suoni apocalittici. Non c’è più nulla, anche la mia indomita fede accetta che l’intervista non ci sarà. Poco grave, penso, le emozioni che mi ha lasciato Seun vibrano ancora, hanno la forza di un’energia che si alimenta nel tempo che si dilata.

Gloria a Seun e a tutti i Kuti, anche a quelli che verranno e che dovranno perseverare nella lotta, perché la libertà non si ottiene con un riconoscimento, ma è una strada che un Dio traccia e noi seguiamo, in eterno.

FestiValle 2023 (foto di Fabiana Amato, fotografa ufficiale FV23)
L’energia cosmica di Seun Kuti (foto di Fabiana Amato, fotografa ufficiale FV23)

[Vi aspettiamo a FestiValle 2024, la Direzione Artistica di Fausto Savatteri ci sta già lavorando duramente. Nel mentre, per chi se lo fosse perso, riproponiamo l’aftermovie della settimana edizione che, oltre a Seun Kuti, ha avuto altri ospiti straordinari]:

Roberto Bruccoleri

Agrigento, ottobre 2023

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Written by Blasco da Mompracem

Un blog dedicato alla scrittura e alla letteratura di viaggio

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