Una giornata alla Bit, la Borsa Internazionale del Turismo a Milano
Quanto è bella Corso Buenos Aires! Sono le nove del mattino e mi avvio a prendere la metro, i ricordi e le sensazioni di quasi dieci anni passati qui, a vivere e lavorare in questo quartiere, affluisco con la forza di un temporale. La fuliggine di un cielo di foschia mattutina, il suono di una strada mai doma, i locali storici di un crocevia di commerci e gente dal passo svelto. Entro in un negozio per stampare il pass della fiera, un euro e sessanta per la stampa di un pdf, criminalità legalizzata. Meglio andare a lavorare e non pensarci più, prendo la metro a Lima e rivedo la storica libreria Aleph, sita all’interno della stazione e specializzata in testi di psicologia, ma anche con una forte sezione narrativa all’interno. Ricordo che quando ci passavo e sfogliavo qualche libro le vibrazioni dei treni facevano oscillare impercettibilmente le mura, e pensavo che se dovessi morire travolto dalle macerie di un terremoto mi piacerebbe trovarmi in una libreria in quel preciso momento e rimanere sepolto da centinaia di pagine delle mie case editrici preferite. Meglio non fare pensieri funesti-sentimentali e andar a far business .
Sono tanti anni che frequento le Fiere del Turismo, saranno almeno dieci. C’è sempre molta gente e si fanno incontri importanti per il lavoro, alcune fiere sono più esaltanti, alcune deludono fortemente, ma mai si rimane nella neutralità, sempre ottime esperienze e contatti che arricchiscono il bagaglio e le possibilità. Le fiere italiane sono in decadenza, visti i costi vergognosi per prendere degli stand sia le istituzioni che gli operatori privati ci pensano tante volte prima di fare questo investimento, spesso virano la scelta su fiere più rinomate, i risultati sono una delusione percepita di quasi tutti i presenti e una nostalgia per i tempi passati dove l’Italia era il centro del mondo.
Qualche considerazione:
- I paesi più visitati al mondo (Stati Uniti, Francia, Spagna, Regno Unito, Cina e Giappone) non erano presenti, né con uno stand né con un desk minimo. Che fiera Internazionale è se non ci sono i più grandi attori planetari? Evidentemente ritengono il nostro mercato troppo povero e low cost per investirci.
- Assenti anche i grandi player dell’intermediazione turistica (Booking, Expedia, Airbnb, etc.). Hanno sconvolto il mercato turistico e ne sono diventati egemoni, hanno distrutto i piccoli operatori e reso dipendenti le strutture alberghiere di mezzo mondo, che non pensano minimamente a una possibilità che un giorno loro potrebbero non esserci più. Sono i principali colpevoli del turismo di massa e di quello della lonely planet da leggere in aereo. Sono anche i principali responsabili della snaturalizzazione dei luoghi turistici e della trasformazione degli stessi in luna park perenni, di città che si svuotano delle loro comunità millenarie per far spazio ai turisti in bermuda e Canon al collo. Con la loro apertura agli appartamenti (per la maggior parte abusivi e senza nessuna formazione professionale) hanno costretto gli hotel ad abbassare le tariffe per essere competitivi, costi che vengono tagliati ovviamente sul personale che si trova costretto a lavorare sottopagato o, spesso, a nero. Inoltre pagano tasse ridicole in paradisi fiscali e hanno molti uffici delocalizzati, quindi non portano neanche lavoro nel nostro paese. Ancora, hanno il dominio totale del posizionamento sui motori di ricerca, significa che o sei con loro o non esisti. Insomma, potevano almeno dare una parvenza di legalità mostrandosi in fiera, spietati!
- Pochi stand, poche nazioni presenti, qualcuna però mi ha sorpreso e con piacere la menziono: lo stand di Kaliningrad, l’enclave russa sita tra Polonia e Lituania e baciata dal Mar Baltico, che negli ultimi anni è diventata terra di ispirazione narrativa: da Ian Brokken e il suo meraviglioso Anime Baltiche a cui l’autore dedica un capitolo, a un libro di recente pubblicazione dalla casa editrice Exorma: Una mappa per Kaliningrad. La città bifronte, di Valentina Parisi, considerato da molti come uno dei migliori libri di viaggio dell’anno (il sottoscritto conferma appieno, con recensione/intervista all’autrice qui ). La domanda da porsi è: può la letteratura essere il volano turistico di una destinazione? Vedendo Trieste oggi, che basa quasi tutta la visibilità turistica sulla figura dei suoi meravigliosi autori, oppure il caso della Giordania (anche qui eccelso articolo a riguardo dell’amico Massimo Lazzari) che è oggi uno dei più visitati paesi al mondo, la risposta è un SI’ affermativo e che non ammette repliche. Sono i libri che ci fanno conoscere i luoghi, sono i libri che stimolano la visita di destinazione a cui prima non avevamo prestato minimamente intenzione. La narrativa ci fa entrare nella sfumature più peculiari di un popolo, ci fa percepire la sua anima e il suo carattere, ci dà argomenti di conversazioni con i locali, Lonely Planet&co. invece omologano trasformando il visitatore in mero turista-consumatore.
- Anche in Bit il topic del momento, il coronavirus in Cina, non poteva non essere argomento di discussione. Gli eventi geopolitici e gli “Acts of god” sono una costante per tutti gli operatori turistici al mondo. Pensate adesso quanta gente aveva programmato di andare in Cina e sta chiedendo il rimborso agli operatori che magari hanno già pagato i fornitori locali. Ma fa parte del rischio di fare questo lavoro, e va bene così. E’ sempre il lavoro più bello del mondo. La cosa che però colpisce è lo sciacallaggio a cui sono pronti ad approfittarsi gli altri: un operatore di un paese centro-americano mi ha detto chiaramente che adesso con il coronavirus molta gente preferirà andare in Guatemala/Honduras/Belize e il turismo in Cina calerà, e loro sono felici di questo e si stanno attrezzando. Già qualche anno fa, quando il Medio-Oriente e il Maghreb erano nel pieno di rivoluzioni, attentanti e insicurezza, gli operatori del Sud Italia esultavano perché sapevano che avrebbero aumentato il fatturato visto che Tunisia, Egitto e Turchia, insomma i competitor del Mediterraneo, erano in ginocchio e avevano avuto un calo vertiginoso delle prenotazioni e un aumento, senza eguali in passato, di cancellazioni, lasciando molta gente senza lavoro e costringendo molte strutture a chiudere. Squallore liberale in piena linea con il turismo di massa contemporaneo.
- Altra nota piacevole: lo stand dell’Algeria, paese antichissimo e ancora non invaso dagli avventori dei selfie e del relax. I suoi operatori erano in tunica e turbanti dai colori accesi che rimembravano il cielo e il deserto, i loro visi morbidi e i loro sorrisi genuini. Un giorno ci andremo con Yasmina Khadra seguendo le orme dei suoi libri.
- Ancora cose belle: lo stand della Moldavia, meraviglioso luogo sospeso tra la lingua rumena e il passato sovietico. Paese di Nicolai Lilin e di ottimo vino. Le ragazze dello stand sono sempre molto gentili e professionali, oltre a essere bellissime.
- Anche in Bit, come altrove, il vero vincitore sopra ogni cosa è lo smartphone. La maggior parte degli operatori, vedendo il poco traffico, non tenta di coinvolgere i rari passanti, ma preferisce la lobotomizzazione digitale. Quando li interrompi per chiedergli qualcosa alzano lo sguardo dallo schermo straniati, come se il contatto con l’essere umano li stesse strappando da un mondo magico. La schiavitù digitale è totale.
- Menzione, per finire, per un’operatore italiano che propone dei viaggi sublimi. Poco accessibili alle tasche della maggior parte delle persone che conosco, me compreso, ma con uno stile inconfondibile e raffinatissimo. Il tour operator si chiama I Viaggi di Maurizio Levi e il suo catalogo cartaceo è un numero da collezione.
Dovevo stare due giorni, alla fine della mattinata del primo sono andato via. L’unica fiera per cui, secondo chi scrive, vale la pena di investire è l’ITB di Berlino ogni anno a inizio marzo, lì c’è davvero il mondo. La sola maniera per andare avanti in questo mestiere rimane sempre il duro lavoro, comprendere le evoluzioni del mercato e credere nelle proprie visioni di un turismo umano e rispettoso dei luoghi e delle culture che incontra nel suo cammino.
Milano, Febbraio 2020